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martedì 15 febbraio 2011

FRANCESCO, POETA



Per presentarvi Francesco prendo come spunto una terzina di un suo sonetto dal titolo “Essere sardo” che recita così:

“… e, con un ragionamento un po’ contorto,

ti convinco che, invece, ho ragione

senza che te ne sia manco accorto”

Francesco è così, orgogliosamente sardo e gran giocoliere con le parole. Sforna sonetti con la stessa velocità con cui un panettiere sforna pagnotte e quando ha un microfono in mano diventa anche un grande showman.

L’ho conosciuto una sera sul tardi e mi ha colpito perché veniva da tutti salutato come il poeta e la sua faccia sorniona ne godeva dell’epiteto.

Come mai la poesia?

E’ stato un percorso. Ho iniziato scrivendo riflessioni filosofiche mentre frequentavo filosofia all’università, scrivevo aforismi, frasi brevi. Poi ho avuto la necessità di aggiungere parole, di mettere insieme più frasi, per dare un senso a quello che scrivevo.

La poesia mi ha aiutato a “chiudere” i concetti che avevo in testa. Dal discorso filosofico sono passato al dialogo.

Perché proprio la forma “antica” del sonetto?

Mio padre è un poeta sardo che canta ed improvvisa in ottave quindi ho sempre avuto questo “orecchio” per la metrica e mi è venuto spontaneo esprimermi in rima con endecasillabi.

Questa forma mi costringe a dire delle cose che altrimenti non riuscirei a dire. Nel mio processo creativo non sono un vulcano, per cui la ricerca della rima e la struttura del sonetto mi costringono a dire delle cose, stando dentro dei canoni e cercando le giuste parole.

In fondo nella vita sono uno sconclusionato.

Come nasce un sonetto?

Diciamo che ho due metodi.

Nel primo scrivo il primo verso e poi la metrica deciderà quello che dirò.

Nel secondo caso mi viene un’idea, un concetto che voglio esprimere e lo scrivo su carta come se fosse un pensiero; a quel punto inizio a dividere le parole, a cercare le rime, scelgo le quartine e le terzine e poi suddivido il concetto nel sonetto.

Quelli scritti con la prima tecnica sono più intimisti, mentre i secondi sono quelli più comici.

Com’è per te leggere in pubblico?

Bello! Anche se prima magari devo bere un bicchierino per essere più sciolto, per avere più coraggio.

Alle prime poesie sono molto emozionato, quasi impacciato, poi pian piano mi sciolgo ed inizio ad interagire con il pubblico.

Come vedi la poesia, cos’è per te?

Vorrei arrivare a tutti, ma è molto difficile. Solo chi è sensibile alla parola la coglie. Funziona di più lo sketch, se si legge facendo quasi cabaret. La sensibilità all’ascolto è di pochi.

Il poetry slam può essere un modo per avvicinare la gente alla poesia?

In realtà si, anche se ho paura che in questo momento sia un po’ una moda determinata anche dalla mania di protagonismo che abbiamo un po’ tutti.

Anche io ho questo “protagonismo”, non di tipo televisivo, diciamo più intimista, mi piace ascoltare gli altri, ma mi piace anche poter salire sul palco a “dire” la mia e poi mi permette di conoscere persone.

Può servire per fare cultura?

Può servire a sensibilizzare all’uso della parola, che per me è molto importante. Rivalutare la cultura della parola contrapponendola a quella dei fatti.

Pensi di dedicarti presto alla prosa?

Non so. Per ora ho in mente un progetto sulla storia della filosofia in sonetti!

Poetare per te è?

Una mia dimensione, portare il mio pensiero fuori di me, mi serve a dare un senso ad alcune cose.

Perché hai studiato filosofia?

Per fantasticare sulla realtà, per rispondere ai perché della vita e poi perché per me la filosofia è semplicemente bella.

Vorresti pubblicare un libro?

Si, lo vorrei fare. Per ora ho venduto i miei “libricini” autoprodotti ed hanno avuto anche un discreto successo (“Si sta come d’estate patelle sugli scogli” e “M’illudono sìppenso”) e la cosa da molta soddisfazione… ma una pubblicazione importante rimane un sogno.

Un verso di un poeta che avresti voluto scrivere tu?

È un verso di Lorenzo Stecchetti: “colle mani mi fo velo alle pupille/e mi guardo nel core e mi domando:/sono un poeta o sono un imbecille?”.

Per finire, cosa vuoi fare da “grande”?

Tirare a campare… con la filosofia e la poesia.

Riferimenti di Francesco:

Blog: http://poesiedifrancescodeiana.splinder.com/

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